Soffro da qualche anno di incontinenza urinaria da sforzo e la mia ginecologa mi ha consgliato di fare la fisioterapia del pavimento pelvico; quanto tempo ci vuole per avere risultati? Quante sedute dovrò fare?

In generale i primi risultati possono già essere presenti anche dopo solo tre o quattro sedute, ma è utile proseguire la terapia per ottenere i migliori risultati possibili.
Infatti è necessario sia rinforzare il muscolo (e per questo servono più settimane), sia apprendere ed automatizzare alcune azioni della vita quotidiana in relazione all’attività del pavimento pelvico, così da evitare gli episodi di incontinenza.

All’inizio del ciclo terapeutico le sedute vengono solitamente effettuate con cadenza settimanale, appena si presentano i primi miglioramenti la cadenza può diventare quindicinale, per passare poi a sedute ogni 20-30 giorni, utili per verificare che gli automatismi descritti sopra siano stati appresi e vengano utilizzati.

Il totale delle sedute effettuate per un ciclo terapetuci si aggira pertanto intorno al numero di 8 – 10 effettuate nell’arco di due-tre mesi.

Sono Donatella, ho 51 anni e da due sono in menopausa. Non avrei mai pensato che un evento “naturale” della vita potesse influenzare così tanto le mie giornate: ho iniziato a perdere involontariamente gocce di urina quando tossisco e sento sempre più spesso il bisogno di andare al bagno. E poi, quando ho rapporti sessuali sento bruciore e spesso dolore e così non è più piacevole come prima …..

Gentile Signora, i sintomi da Lei riferiti sono tipici del periodo della menopausa, durante la quale alcuni tessuti dell’area genitale diventano meno elastici, determinando così l’insorgenza del disagio da Lei descritto.

Le perdite involontarie di urina da lei raccontate, sono denominate “incontinenza urinaria da sforzo” o “da stress” e corrispondo alla perdita involontaria di urina durante uno sforzo fisico, come tossire, starnutire, sollevare un peso, ecc. Il bisogno di andare frequentemente al bagno si chiama “frequenza urinaria” e può diventare un sintomo davvero invalidante, perché obbliga la persona ad avere costantemente bisogno di avere a disposizione la toilette.
Il bruciore durante i rapporti è la conseguenza della difficoltà di lubrificazione vaginale, dovuta al calo ormonale, e il dolore può essere dovuto alla contrazione del pavimento pelvico conseguente al bruciore stesso e corrisponde ad una sorta di normale “difesa” contro questa sensazione.

Questi fastidiosi problemi possono essere migliorati o guariti attraverso la fisioterapia e riabilitazione del pavimento pelvico, l’insieme di tecniche e strumenti che possono migliorare i muscoli della zona genitale. Dapprima è necessario informare e rendere cosciente la donna che nella zona genitale sono presenti muscoli e che possono essere contratti e rilasciati in modo volontario. Successivamente viene insegnato ad utilizzare la contrazione o il rilassamento a seconda della necessità: nel suo caso, verrà utilizzata la contrazione per l’incontinenza e la frequenza urinaria, e il rilassamento per i disturbi di natura sessuale. Sarà così possibile restituire tono ed elasticità, ripristinando le corrette funzioni.

La gravidanza, insieme al parto, è uno dei fattori di rischio per l’incontinenza urinaria. “Fattore di rischio” in questo caso significa che le donne che hanno avuto gravidanze e parti hanno maggiori probabilità di essere afflitte dal sintomo incontinenza urinaria.

In tal senso è utile anche ricordare che avere gravidanze e partorire non è la causa diretta di questo sintomo, ma che esistono altri fattori di rischio legati in generale alla vita della donna, come gli sforzi ripetuti (attività lavorativa che comporti il sollevamento ripetuto di pesi, ecc.), l’obesità, la tosse e gli starnuti frequenti, la stipsi e, non da ultimo, l’elasticità generale dei tessuti, che possono contribuire all’insorgenza dell’incontinenza urinaria post partum. In particolare, per quanto riguarda  quest’ultimo aspetto, è facile intuire come una maggior componente elastica possa favorire la distensione di muscoli e legamenti durante la gravidanza e il parto, determinando quindi meno traumatismo e lesione rispetto invece a tessuti più rigidi e meno estensibili.

Il tipo di incontinenza caratteristico della gravidanza, ma soprattutto del periodo post-partum, è la cosìdetta “incontinenza urinaria da sforzo o da stress”, vale a dire la perdita involontaria durante gli sforzi (tossire, starnutire, salire le scale, camminare, ecc.). Essa può insorgere durante la gravidanza oppure nelle settimane successive al parto; può risolversi spontaneamente nell’arco di qualche settimana, oppure permanere per mesi o per sempre.

In ogni caso la presenza di questo sintomo può essere indicativo di una stato alterato della funzione dell’uretra e dei muscoli del pavimento pelvico e per questo la valutazione e l’eventuale intervento terapeutico per la donna che soffre di incontinenza urinaria correlata a gravidanza e parto dovrebbe essere sempre considerato.

In tal senso la fisioterapia e riabilitazione del pavimento pelvico è considerata a tutti gli effetti il primo approccio terapeutico per l’incontinenza urinaria post-partum.

Soffro da due anni di dolori alla zona genitale che mi hanno reso la vita praticamente impossibile, mi è stata diagnosticata la sindrome del nervo pudendo,
può la fisioterapia del pavimento pelvico aiutare questa mia terribile condizione?
Vi ringrazio in anticipo per la risposta.

Gentilissimo Signore, comprendo la sua condizione, che si presenta come altamente invalidante per chi ne è afflitto.
La fisioterapia è una delle terapie che viene utilizzata in casi come il suo.

Essa è diretta sia al trattamento locale dei muscoli del pavimento pelvico o ad altri coinvolti (come ad esempio, il muscolo piriforme o piramidale), sia agli aspetti comportamentali: infatti il paziente con la sindrome del nervo pudendo può adottare alcune strategie pensando di migliorare la propria condizione, ma di fatto peggiorandola (per esempio andare spesso al bagno pensando così di migliorare il proprio dolore, ma di fatto non ottenendo nessun risultato se non il peggioramento funzionale di vescica e retto; oppure credere che evitando alcuni sforzi il dolore possa migliorare, ecc.).

Oltre a ciò, una adeguata spiegazione dei meccanismi del dolore cronico, anche relativi alla zona pelvica, può aiutare il paziente a comprendere gli obiettivi terapeutici, e a  limitare la paura e l’ansia che spesso accompagnano questa sindrome. Possono quindi essere utilizzati esercizi terapeutici, manipolazioni dei tessuti molli, ecc., a seconda della condizione del/della paziente. È utile ricordare che, accanto alla fisioterapia è spesso indicato l’utilizzo della terapia farmacologica, di competenza medica.

Il vaginismo è una condizione femminile nella quale la donna ha difficoltà o impossibilità a realizzare la penetrazione vaginale del pene, di un dito o di un oggetto, nonostante il suo espresso desiderio di farlo.

La difficoltà o impossibilità è data dalla contrazione involontaria e incosciente del pavimento pelvico, e più precisamente dell’elevatore dell’ano, che circonda la parte iniziale del canale vaginale.

In una condizione normale, durante la penetrazione vaginale (così come di un dito, o durante la visita ginecologica), il muscolo si lascia distendere e l’introduzione è resa così possibile.

Nel vaginismo il muscolo non si rilassa, anzi, talvolta si contrae; ciò solitamente è una reazione di difesa in relazione al dolore, al bruciore o alla paura di essi.

La fisioterapia e la riabilitazione del pavimento pelvico hanno lo scopo di  normalizzare la reazione dei muscoli della zona, così da permettere la penetrazione non solo senza sentire dolore, ma, anzi, accompagnata dal piacere sessuale, condizione della quale ogni donna ha diritto.